Tra udito e cervello c’è un rapporto molto stretto

 

Un calo dell’udito è associato a un aumento di oltre 3 volte della probabilità di andare incontro a una forma di demenza, mentre in 3 pazienti con un deficit cognitivo su 4 si verifica anche un disturbo dell’udito. È quanto emerge dal rapporto promosso da Amplifon “Il cervello in ascolto, lo stretto intreccio tra udito e abilità cognitive”.

 

Nel mondo ci sono 360 milioni di persone con un calo dell’udito e 47 milioni con una forma di demenza, numeri destinati ad aumentare enormemente per il progressivo invecchiamento della popolazione.

 

«Il rapporto conferma i dati sul legame tra udito e cervello» afferma Gaetano Paludetti, direttore dell’istituto di Otorinolaringoiatria dell’università Cattolica del Sacro Cuore di Roma. «Maggiore è l’ipoacusia e maggiore è il rischio di sviluppare un deterioramento cognitivo grave. Questi dati evidenziano la necessità di un intervento tempestivo: gli ultimi studi, infatti, dimostrano come la giusta amplificazione acustica si associ a un declino cognitivo più lento in circa 25 anni, permettendo di mantenere una buona funzionalità cerebrale. Pertanto, rallentare di un solo anno l’evoluzione dell’ipoacusia può portare a un calo del 10% la prevalenza di demenza nella popolazione generale».

 

Se da un lato una perdita di udito causa una riduzione del volume della corteccia cerebrale e delle diramazioni neuronali, oltre a un affaticamento generale del cervello, dall’altro causa un peggioramento cognitivo che facilita disturbi nella percezione e nella comprensione delle parole.

 

Gli esperti ribadiscono l’urgenza di intervenire al più presto: recenti studi dimostrano, infatti, come la giusta soluzione acustica possa rallentare il declino cognitivo e migliorare le performance generali.

 

«Il deficit uditivo determina una deafferentazione sensoriale della corteccia cerebrale uditiva» spiega Camillo Marra, docente di neurologia all’università Cattolica del Sacro Cuore di Roma. «Tale situazione determina una riduzione del volume di queste zone e del numero di diramazioni necessarie per la comunicazione tra le cellule nervose e per lo svolgimento delle funzioni di ascolto e di comprensione. Studi di neuroimaging indicano come le persone con calo dell’udito hanno una riduzione nello spessore dei fasci nervosi che presiedono al collegamento e all’interazione delle cellule nervose. Queste alterazioni uditive e del sistema nervoso centrale richiedono l’attivazione di meccanismi compensatori cerebrali, che si riflettono sull’impegno cognitivo necessario all’ascolto, affaticando il cervello e rendendolo meno efficiente per le altre funzioni cerebrali».

 

Si stima che il deficit uditivo possa ridurre l’efficienza di abilità cognitive anche di oltre il 30%, aumentando il rischio di una precoce compromissione di funzioni come l’attenzione, la memoria e le capacità strategico-esecutive.

 

(Cesare Betti)