Cefalea ed emicrania: le linee guida per il trattamento.
di Matteo Alberto Baio, ricercatore SIFAC
Il termine cefalea definisce un dolore di qualsiasi genere localizzato al capo. L’International Headache Society (IHS) classifica le diverse forme di cefalea in 12 gruppi. I primi 4 sono le cefalee primarie: cefalea tensiva; emicrania; cefalea a grappolo; cefalalgie autonomico-trigeminali. In queste forme il dolore al capo è la malattia vera e propria e non il sintomo di un’altra patologia (ipertensione, febbre, tumore cerebrale), come accade nelle cefalee secondarie (successivi 8 gruppi).
L’impatto sociale della cefalea
La diffusione di questa patologia a livello mondiale è ampia: si stima che circa il 46% della popolazione adulta soffra di una qualche forma di cefalea, la fascia di età più colpita infatti è quella tra i 18 e i 65 anni. Nell’80% dei casi si tratta di una cefalea primaria. La forma più frequente è la cefalea tensiva (42% dei casi), seguita dall’emicrania (11%) e dalla cefalea a grappolo (3%). Data l’alta incidenza nella popolazione le cefalee rappresentano una malattia socialmente rilevante, con importanti costi socio-sanitari. Riferendosi all’Italia, inoltre, le stime dell’Oms mostrano che l’emicrania si posiziona al terzo posto tra le cause di disabilità nella popolazione, davanti a depressione, ansia, BPCO e diabete. Nonostante l’impatto sociale, le cefalee rimangono un insieme di patologie considerate “secondarie” rispetto ad altre cause di disabilità e di conseguenza non vengono trattate in maniera ottimale, infatti il 50% della popolazione affetta da “mal di testa” si affida all’automedicazione.
Cefalea: le caratteristiche del dolore
In una situazione simile il farmacista può giocare un ruolo fondamentale nel sensibilizzare i pazienti sulla problematica e guidarli in un’automedicazione consapevole. Cefalea tensiva e alcune forme di emicrania possono essere gestite al meglio nel setting della farmacia, dove, semplicemente tramite un colloquio con il paziente volto a mettere in luce le caratteristiche della cefalea, è possibile distinguere le diverse forme e suggerire la terapia più appropriata.
Per prima cosa è importante indagare le caratteristiche del dolore in termini di: localizzazione, tipologia, intensità ed eventuale peggioramento con l’attività fisica (camminare o salire le scale).
Nei casi di emicrania il dolore generalmente è monolaterale (il lato può variare tra una crisi e l’altra o addirittura nella stessa crisi in momenti successivi), può estendersi al volto, al collo e alle spalle. Il dolore nella maggior parte dei casi è pulsante con intensità variabile tra il moderato e il severo. Può anche aumentare dopo lievi sforzi fisici (camminare o salire le scale). Gli attacchi durano tipicamente dalle 4 alle 72 ore se non trattati o trattati erroneamente.
Negli attacchi di cefalea tensiva invece la localizzazione del dolore è generalmente bilaterale, può estendersi a tutte le zone del capo, della faccia, del collo e delle spalle. Molto frequentemente il dolore è gravativo-costrittivo (viene descritto come un cerchio attorno alla testa o un casco che stringe la testa), non è mai pulsante, è generalmente di intensità lieve e non si modifica con lievi sforzi fisici. L’attacco, se non trattato, può durare da 30 minuti fino a 7 giorni, ma generalmente non compromette le normali attività quotidiane. Spesso cefalea tensiva ed emicrania hanno manifestazioni eterogenee, per esempio un dolore bilaterale può appartenere a un attacco di emicrania. Per questo motivo la classificazione internazionale delle cefalee, stilata dall’IHS, richiede la presenza di almeno 2 dei sintomi tipici di una forma piuttosto che di un’altra per definire al meglio un attacco di cefalea tensiva o di emicrania.
In aggiunta alle caratteristiche del dolore, è necessario valutare anche i sintomi associati. Nausea e vomito sono presenti in un attacco di emicrania, mentre mancano in quello di cefalea tensiva. Fotofobia e fonofobia sono presenti entrambi nell’emicrania, mentre durante un attacco di cefalea tensiva possono essere assenti o al più è presente uno solo dei due sintomi. Esistono inoltre dei sintomi che delineano una situazione differente da una cefalea primaria (cefalea tensiva o emicrania), vengono definiti red flag e devono essere necessariamente indagati da un medico.
Cefalea: le linee guida del trattamento
Per garantire un trattamento standardizzato e il più appropriato possibile rispetto alla problematica, le principali società internazionali per lo studio delle cefalee hanno prodotto delle linee guida, suddividendo i trattamenti in prima e seconda linea. Un approccio standard prevede in prima istanza l’utilizzo di un medicinale di prima linea. Si può passare alla seconda solo quando il trattamento di prima linea si sia dimostrato inefficace o qualora ci siano delle ipersensibilità da parte del paziente.
Nei medicinali di prima linea, la Società italiana per lo studio delle cefalee, in accordo con le principali linee guida internazionali, inserisce l’acido acetilsalicilico (ASA), sia per il trattamento della cefalea tensiva sia dell’emicrania.
In entrambe le problematiche, la molecola assunta per via orale ha evidenze di efficacia e sicurezza statisticamente significative supportate da più di 2 studi clinici controllati secondo le norme di Good Clinical Practice (controllati, randomizzati, in doppio cieco vs placebo o vs principi attivi per i quali sia stata comprovata l’efficacia).
Nella cefalea tensiva, 500 mg di ASA sono sufficienti per avere un effetto sul dolore paragonabile a quello del metamizolo, farmaco su prescrizione medica. Nell’emicrania invece è consigliabile l’assunzione di 1.000 mg di ASA per dose. A questo dosaggio la molecola ha dimostrato di avere un effetto terapeutico paragonabile a quella di ibuprofene 400 mg, ma soprattutto a quella del sumatriptan (triptano, golden standard per il trattamento dell’emicrania). ASA, inoltre, ha efficacia simile al triptano anche sui sintomi associati, come nausea, fotofobia e fonofobia.
Utilizzato in automedicazione, ai dosaggi consigliati, ASA ha dimostrato di avere un profilo di sicurezza gastrointestinale paragonabile a quello dell’ibuprofene e soprattutto del paracetamolo, considerata una molecola sicura sotto questo punto di vista. Quello che si può riscontrare sono episodi occasionali e di lieve entità come dispepsia o leggera pirosi.
A livello cardiaco, a differenza di tutti gli altri FANS il rischio di eventi avversi è estremamente basso, i possibili effetti negativi dovuti all’inibizione della COX-2 (caratteristica di tutti i FANS) vengono infatti controbilanciati dall’effetto antitrombotico di questa molecola. Per una corretta terapia, è importante inoltre scegliere la formulazione di ASA più adeguata.
Tutte le linee guida concordano che sia necessario assumere il medicinale alla prima comparsa dei sintomi, per questo compresse con principio attivo micronizzato e bustine orosolubili, per la loro rapidità d’azione e comodità d’uso, sono da considerare l’opzione migliore per il trattamento di un attacco di cefalea primaria.
Red flag
• Prima cefalea insorta dopo i 50 anni.
• Cefalea insorta subito con frequenza elevata.
• Cefalea ortostatica.
• Cefalea che si origina in seguito a sforzi fisici.
• Dolore localizzato sempre esclusivamente nello stesso punto.
• Vomito persistente, a getto.
• Cefalea che cambia le caratteristiche nel tempo.
(Qui la bibliografia completa dell’articolo).