Uno studio italiano permette di tracciare una nuova mappa dell’incidenza della celiachia. Sono stati evidenziati un aumento di nuovi casi nelle zone storiche e la diffusione in nuove regioni del mondo. Inoltre, si è dimostrato che i modelli di alimentazione infantile possono influenzare lo sviluppo e la diffusione della celiachia. I risultati sono stati pubblicati sul Journal of Pedriatic Gastroenterology and Nutrition.

Da sempre, Vecchio e Nuovo Continente hanno un’alta prevalenza di celiaci, zone dove la dieta è a base di alimenti contenenti glutine (pane, pasta, pizza). Con differenze regionali, la frequenza media nella popolazione generale è di circa l’1%, aumentata negli ultimi 25 anni di 5 volte, soprattutto in età pediatrica. Nel Medio Oriente e nel Nord Africa si ha una sovrapposizione con i dati europei e americani, mentre l’epidemiologia nell’area Asia-Pacifico è limitata alla zona settentrionale dell’India, dove è presente sia tra gli adulti sia tra i bambini.

I dati epidemiologici tengono però conto dei celiaci diagnosticati o scoperti con esami ed escludono quelli non diagnosticati. Per questo motivo, è opportuno uno screening più attento delle persone a rischio, come i parenti di primo grado di pazienti celiaci, chi è affetto da malattie autoimmuni, da sindrome dell’intestino irritabile o con sintomi che potrebbero indicare la celiachia.

Celiachia: il ruolo dell’ambiente

Il ruolo dell’ambiente in parte può essere dovuto al miglioramento delle tecniche di diagnosi e a una maggiore consapevolezza del problema. Si ritiene che cambiamenti importanti nella dieta e fattori ambientali abbiano un ruolo fondamentale, come variazioni della quantità e della qualità del glutine, cambiamenti in agricoltura, infezioni intestinali e modelli di alimentazione infantile.

«I modelli di alimentazione infantile influenzano lo sviluppo di celiachia con familiarità celiaca» dice Carlo Catassi, professore associato di pediatria all’università Politecnica delle Marche e coordinatore del Comitato scientifico del Dr. Schär Institute. «Recenti studi suggeriscono che la graduale introduzione di glutine dai 4 mesi d’età protegge in parte dalla celiachia. Ulteriori studi per chiarire il ruolo dell’alimentazione infantile nello sviluppo della malattia e per misurarne la prevalenza in nuove aree geografiche avranno un ruolo fondamentale sia per aumentare la consapevolezza sulla celiachia, sia per spiegare l’interazione gene-ambiente», conclude Carlo Catassi.

(Cesare Betti)