Prevenire è sempre meglio che curare. Ancor di più se si tratta di una malattia che può mettere a rischio la vita. Sottoporsi a un intervento per rimuovere seno e ovaie per evitare la comparsa di un tumore è certo una scelta forte e complicata.
Ha fatto scalpore in America la decisione di Angelina Jolie che per paura della comparsa di un cancro ha prima scelto di asportare il seno (aveva registrato un rischio all’87%), poi le tube e le ovaie (50%). La splendida attrice temeva una sorte segnata da tumori come quella di madre, nonna e zia, tutte e tre con lo stesso danno al codice genetico.
Critiche a parte, l’effetto Jolie negli Usa non ha tardato a fare la sua apparizione: la richiesta dei test genetici è raddoppiata, facendo registrare al Sunnybrock Odette Cancer Centre di Toronto il 90% di donne in più per la consulenza medica. In Italia invece questa corsa alle analisi genetiche non avviene perché siamo di fronte a un sistema che prevede una pratica più lunga e complicata.
Ecco come funziona
L’interessato dovrà chiedere il test per scoprire la mutazione al SSN (Servizio sanitario nazionale) che lo fornirà solo su richiesta di un medico specialista che avrà già verificato l’alta familiarità. Prima ci sarà una valutazione approfondita dei genetisti sul caso, che dovranno stabilire se esistono o no i presupposti per proseguire (capire se il soggetto è portatore di una mutazione genetica Brca1 o Brca2, Breast Cancer Susceptibility). A quel punto sarà compiuto un prelievo di sangue per verificare la positività. Nel caso in cui si riscontrerà la mutazione, ci saranno la consulenza e il test familiare di primo grado.
Un percorso infinito e “per pochi”, perché solo chi manifesta un’alta percentuale può partecipare all’esame e il risultato non è sicuro copra il rischio cancro al 100%. «Solo il 5% dei tumori mammari sono ereditari, causati quindi da una mutazione genetica» ha riferito Claudia Borreani responsabile di psicologia clinica dell’Istituto tumori di Milano. «L’alternativa alla prevenzione è la sorveglianza, pratica prediletta da tute le donne che scelgono alla chirurgia profilattica la cura di controllo».
I tempi lunghi sono dovuti dalla «grande severità nella ricerca dei requisiti per sottoporsi a un intervento simile» come ha detto Maria Laura Mascia, coordinatrice al Tribunale per i diritti dei malati di Cagliari. «Gli accertamenti genetici nel nostro Paese non si fanno così facilmente. C’è difficoltà a trovare un medico disponibile a decidere di operare solo perché il malato ha paura di peggiorare col tempo. Da noi» continua Mascia «si insiste su un certo tipo di prevenzione intesa come controlli frequenti, esami periodici e uno stile di vita sano. Insomma la letteratura classica che si segue per contrastare la comparsa del tumore».
Decisioni complesse
In riferimento al caso Jolie ha parlato di “decisione sacrosanta”, l’oncologo Umberto Veronesi perché «fermarsi alla mastectomia sarebbe stato un percorso a metà».
Conoscere quindi la propria condizione genetica può essere utile per la possibilità di correre ai ripari facendo cure adatte. Ma una volta che si ha la certezza della compatibilità, è meglio convivere con l’angoscia della mutazione che potrà trasformarsi in tumore o procedere a un’operazione chirurgica? Forse non esiste una risposta perché molto dipende dalla sensibilità della persona. È bene comunque ricordare che il 15-25% dei tumori ovarici sono legati a una mutazione genetica ereditaria, mentre quelli al seno sono il 5%.
(Serena Santoli)