Depressione: quando si soffre anche di altre patologie non viene curata bene.
La depressione interessa 1 persona su 4 con malattie reumatiche, quasi 1 su 6 con tumore, 2 su 100 con diabete e viene considerata dal 41% una conseguenza della propria malattia. Per la cura, quasi 1 su 2 è seguito dal medico di medicina generale e solo il 19% da uno psichiatra; 1 su 2 segue una terapia farmacologica adatta; paura della dipendenza da farmaci per oltre il 40% e rifiuto di assumere ulteriori medicinali (26%) i principali timori legati alla cura della depressione.
Sono i dati emersi da un’indagine condotta su un campione rappresentativo di 240 pazienti volta a esplorare il tema della depressione in generale e la relazione tra questa e alcune malattie quali tumori, malattie reumatiche e diabete.
La depressione continua a crescere e in 10 anni è aumentata di quasi il 20%. Un campanello d’allarme e un monito a ripensare con urgenza alla salute mentale e al suo mantenimento. Fondamentale risulta investire in ricerca e innovazione per migliorare ulteriormente l’efficacia delle cure e comprendere più a fondo le interazioni con i diversi contesti ambientali.
«La depressione aumenta il rischio di malattie cardiovascolari, urologiche, oncologiche, pneumologiche, neurologiche e di diabete, in quanto anticipa e peggiora il decadimento cognitivo», afferma Claudio Mencacci, direttore del dipartimento Salute mentale e neuroscienze dell’ospedale Fatebenefratelli Sacco. «Chi soffre di queste patologie è a sua volta più esposto al rischio di soffrire di depressione, che ne peggiora gli esiti».
Per un terzo di chi soffre anche di altre malattie, la percezione di essere a rischio di sviluppare la depressione è molto alta, con una forte differenza tra pazienti reumatici e pazienti oncologici, questi ultimi sicuramente più seguiti dal punto di vista psicologico sin dalla diagnosi della malattia primaria.
«Questi risultati dimostrano quanto sia fondamentale considerare le persone a 360 gradi e non soltanto legate a un’unica patologia», afferma Massimo Scaccabarozzi, amministratore delegato e presidente di Janssen Italia. «L’obiettivo è unire l’efficacia dei farmaci con la riabilitazione e il conseguente reinserimento di questi pazienti nella società. Lo dimostra il progetto Triathlon (indipendenza, benessere, integrazione nella psicosi), ideato per far fronte alle criticità che ogni giorno caratterizzano l’assistenza e il trattamento delle persone che soffrono di psicosi».
I risultati dell’indagine dimostrano quanto siano necessari interventi concreti per superare lo stigma ancora molto radicato a livello socio-culturale nel nostro Paese che provoca un isolamento del paziente stesso e della sua famiglia. Per questo, a breve verrà realizzata una pubblicazione divulgativa per avvicinare le persone alla diagnosi e alle cure. Fondamentale, inoltre, non tralasciare chi si prende cura del malato offrendo un supporto emotivo e concreto.
(Cesare Betti)