Cure e dosi superpersonalizzate per ogni singolo paziente sono gli strumenti base della medicina di precisione, che di recente ha raggiunto risultati molto importanti nei pazienti oncologici.
«Negli ultimi anni il ruolo del farmacista ospedaliero si è evoluto e la sua complessità è cresciuta di pari passo con quella dei farmaci e dei maggiori livelli di qualità e sicurezza richiesti in campo sanitario» spiega Marcello Pani, presidente della Società italiana farmacisti ospedalieri (SIFO). «Il primo documento tutto italiano di consenso europeo che tutela gli operatori sanitari dal rischio di neoplasie è il frutto del lavoro di esperti di varie estrazioni professionali. Esso evidenzia le fasi di un processo molto articolato, che sta dietro la composizione dei farmaci antiblastici. Nasce dalla necessità di attuare misure di prevenzione nella preparazione e nell’uso dei farmaci antiblastici per garantire l’appropriatezza e la sicurezza della terapia».
I farmacisti ospedalieri sono responsabili del controllo delle prescrizioni e della preparazione di chemioterapici, immunoterapici e farmaci biologici, attività condotte all’interno delle Unità farmaci antiblastici, Ufa. Si tratta di strutture per la manipolazione di questi farmaci, il cui scopo è garantire la qualità del prodotto finito e la sicurezza in tutte le fasi dell’attività di preparazione. Per chi gestisce i farmaci antiblastici, le vie di esposizione più frequenti sono quella inalatoria e da contatto, con rischio di tossicità acuta o tardiva.
«La tossicità acuta consiste in reazioni di ipersensibilità, irritazione, congiuntivite e allergia» precisa Francesca De Plato, referente nazionale area scientifico-culturale rischio chimico e biologico della SIFO. «La tossicità tardiva, come avviene nel caso di operatori che lavorano tutti i giorni nei laboratori, può generare complicazioni significative, e tossicità tardive a carico dell’apparato riproduttivo e del feto, sul quale causano malformazioni sul nascituro».
Da sempre il farmacista ha un ruolo rilevante nella gestione del farmaco e negli ultimi anni si è assistito a un’importante evoluzione di questa figura professionale.
«La tecnologia mette a disposizione dispositivi innovativi detti a circuito chiuso, quindi ermetici, da impiegare sia in fase di preparazione sia di somministrazione ai pazienti» aggiunge De Plato. «È necessario scegliere sistemi che abbiamo caratteristiche tecnologiche volte a garantire il sistema ermetico, che meccanicamente impedisca la fuoriuscita dei farmaci pericolosi, la contaminazione microbiologica del farmaco stesso e, nello stesso tempo, faccia in modo che gli operatori non vengano a contatto con le sostanze antiblastiche. Non va dimenticato che i farmaci oncologici sono un importante capitolo di spesa che può essere ridotto tramite la cosiddetta “drug vial optimization”, cioè un’ottimizzazione del farmaco contenuto nella fiala. La preservazione del contenuto delle fiale, che solo alcuni sistemi chiusi garantiscono, è volta al risparmio di farmaco grazie alla minimizzazione degli scarti».
(Cesare Betti)