Secondo un gruppo di 600 persone fra uomini e donne di età tra 18 e 64 anni, la prevenzione e l’uso di farmaci equivalenti sono strumenti efficaci per eliminare sprechi e assicurare al Servizio sanitario nazionale efficienza e sostenibilità. Sono i risultati dell’indagine Doxa “Sostenibilità delle cure, chi è il responsabile?”, commissionata dall’azienda farmaceutica Teva.
Dai risultati è emerso che ci sono soprattutto quattro comportamenti riferiti alla sostenibilità della cura:
- • chi pensa “di fare molto con il proprio comportamento quotidiano”,
- • chi crede “di fare già molto con il pagamento delle tasse e che pretende da medici, farmacisti e istituzioni un maggiore impegno”,
- • chi è convinto “di poter fare molto poco come singola persona”,
- • chi ritiene che “sia inutile darsi da fare per ottenere soluzioni perché in Italia le cose non cambiano mai”.
Come ha detto Massimo Sumberesi, managing director di Doxa marketing advice, tra questi modelli non è solamente il primo ad avere una parte attiva, ma in qualche modo anche il secondo, nonostante le sue energie siano concentrate soprattutto contro le altre persone. Al contrario, gli altri due modelli hanno un atteggiamento passivo e pessimista, giustificano sé stessi e/o accusano il sistema di funzionare male.
In generale, gli italiani pensano che lo spreco di risorse (64%), la scarsa giustizia sociale (63%), nonché l’opportunismo e la scarsa onestà delle persone che stanno al potere (59%) siano i pericoli più importanti alla sostenibilità del sistema. Infine, al quarto posto ci sono l’alto costo dei farmaci.
«Si tratta di un aspetto che chiama in causa direttamente le aziende farmaceutiche» precisa Hubert Puech d’Alissac, AD di Teva Italia. «Occorre sottolineare come i progressi scientifici degli ultimi 50 anni sono stati enormi e spesso possibili all’impegno e alle risorse dell’industria farmaceutica. Inoltre, le aziende che producono farmaci equivalenti sono state in grado di far risparmiare al Sistema sanitario italiano 1,5 miliardi di euro negli ultimi 6 anni».
L’uso dei farmaci equivalenti è indicato come un comportamento virtuoso per garantire cure accessibili a tutti (29%), le autorità devono fare più controlli (38%), è necessaria una maggiore prevenzione, soprattutto per certe malattie (30%).
Gli italiani chiedono di avere più notizie sul farmaco equivalente: sebbene il loro consumo sia in crescita, il 26% dice di non averne mai parlato con il medico curante.
Non va meglio in farmacia: rispetto al 2013, diminuisce la percentuale di farmacisti (dal 58 al 53%) che spesso o con una certa frequenza propone la sostituzione del farmaco griffato con il suo equivalente. «Il ruolo del farmacista è essenziale per garantire prevenzione e accessibilità ai farmaci» spiega Claudio Di Stefano, past president della Federazione nazionale associazione giovani farmacisti Fenagifar. «Tuttavia, il nostro impegno non sempre è sufficiente: occorre che a livello centrale siano dettate linee-guida e strumenti in grado di tutelare giorno dopo il giorno il lavoro del farmacista».
(Cesare Betti)