Da sempre, il sangue è sinonimo di vita. Una seria perdita di sangue mette a rischio la stessa sopravvivenza. Ma ora contro questo rischio, la medicina ha un’arma in più: rivaroxaban, farmaco che appartiene alla famiglia degli inibitori diretti e selettivi del fattore Xa.

 

Entrato nel mercato italiano nel 2009 per la prevenzione del tromboembolismo venoso nella sostituzione elettiva di anca o ginocchio, negli ultimi otto anni questo principio attivo ha dimostrato la sua efficacia e sicurezza anche in altri ambiti terapeutici. Grazie a numerosi studi, nel 2013 rivaroxaban ha ottenuto anche l’indicazione per la prevenzione dell’ictus nella fibrillazione atriale (aritmia cardiaca responsabile del 20-30% di tutti gli ictus) e per il trattamento del tromboembolismo venoso e nella prevenzione delle sue recidive.

 

In questi anni, l’enorme quantità di dati e di evidenze ottenute dalla ricerca clinica, ha portato questo farmaco a ottenere numerose indicazioni nell’ambito delle malattie tromboemboliche. La ricerca su rivaroxaban prosegue tutt’ora per dare soluzioni ai bisogni ancora insoddisfatti.

 

I nuovi anticoagulanti orali, chiamati ormai più spesso anticoagulanti ad azione diretta (Doac, Direct oral anti coagulant), o anticoagulanti non-vitamina K dipendenti (Noac, Non-vitamin K oral anti coagulant) inibiscono direttamente e in maniera selettiva particolari fattori dei processi che portano alla coagulazione del sangue.

 

Per realizzarsi, la coagulazione del sangue richiede la partecipazione di numerose proteine del sangue e una serie complessa di reazioni che formano la cosiddetta “cascata coagulativa”. Il Fattore Xa porta alla formazione di trombina, enzima fondamentale di questo processo, che trasforma il fibrinogeno in fibrina, indispensabile nella formazione del coagulo. Bloccando il Fattore Xa, la quantità di trombina si riduce e, di conseguenza, viene bloccata la formazione dei coaguli nelle vene e nelle arterie.

 

Prima dei Noac, la terapia anticoagulante presente sul mercato era composta dalle eparine e dagli antagonisti della vitamina K. Questi ultimi, in particolare, sono dotati di alcune caratteristiche che ne rendono difficile la gestione. I frequenti controlli del sangue per personalizzare il dosaggio, data la notevole variabilità di risposta tra un individuo e l’altro. Inoltre, esistono interazioni con numerosi altri farmaci di uso comune o con alcuni cibi in grado di alterarne assorbimento, efficacia e sicurezza, fino a scatenare un aumento del rischio di andare incontro a emorragie.

 

(Cesare Betti)