Il vaccino contro l’Herpes Zoster può prevenire il cosiddetto Fuoco di Sant’Antonio e le sue complicanze, patologia che colpisce in Europa una persona su 4, soprattutto dopo i 50 anni. Questo, che al momento è l’unico strumento per prevenire la malattia, è stato autorizzato in Europa per l’immunizzazione degli ultra 50enni, ed è l’unico in grado di contrastare la riattivazione e la replicazione virale del virus Varicella Zoster, riducendo dal 51 a circa il 70% il rischio di sviluppare la malattia.

L’Herpes Zoster interessa ogni anno più di 1,7 milioni di persone in Europa, in Italia circa 157mila, e l’incidenza è destinata a crescere nel prossimo futuro per il progressivo invecchiamento della popolazione.

L’Herpes Zoster si manifesta facilmente nei soggetti che hanno avuto la varicella da bambini. Questo virus, infatti, resta a lungo latente nei gangli nervosi, per manifestarsi nuovamente a distanza di anni sotto forma di Fuoco di Sant’Antonio, complice l’abbassamento delle delle difese immunitarie che si verifica fisiologicamente con la senescenza. Inoltre, l’invecchiamento comporta una manifestazione più grave della malattia e una maggiore severità delle complicanze. Le ospedalizzazioni dei soggetti con Herpes zoster riguardano infatti per più del 60%, gli ultra 65enni. Anche alcune malattie croniche, come la BPCO, la broncopneumopatia cronica ostruttiva, o il diabete, aumentano  il rischio di di incidenza del virus.

«Quando si parla di Fuoco di Sant’Antonio è facile pensare che si tratti semplicemente di un’eruzione cutanea che si manifesta con la comparsa di vescicole in corrispondenza dell’area interessata dalla riattivazione virale» ha spiegato Giancarlo Icardi, direttore del Dipartimento di Scienze della Salute dell’Università di Genova durante un workshop sulla patologia organizzato da Sanofi Pasteur MSD. «In realtà la malattia è espressione di una sofferenza del nervo causata dal virus che, risvegliandosi, provoca un’infiammazione. Pertanto, anche se le manifestazioni cliniche sono limitate a un’area circoscritta del corpo, il grado di compromissione dello stato di benessere dell’individuo è generale. Il 60-90% dei pazienti prova dolore durante la fase acuta dell’Herpes Zoster, che si risolve solitamente in 2-4 settimane con la guarigione dal rash cutaneo».

«Nel 20-25% degli ultra 50enni colpiti da Herpes Zoster, però, si sviluppa la Nevralgia Post Erpetica, causa di grande sofferenza e invalidità, tale da interferire in maniera significativa nella quotidianità e nella vita attiva dei pazienti, in alcuni casi addirittura costringendo ad abbandonare in anticipo il lavoro» continua Icardi. «È principalmente questo il motivo per cui vi è un’attenzione diffusa verso il Fuoco di Sant’Antonio. Ciò non deve far comunque dimenticare che la malattia può provocare anche altre complicanze tanto frequenti quanto fastidiose. Tra queste, l’Herpes Zoster Oftalmico, che colpisce la divisione oftalmica del nervo trigemino e interessa il 10-20% dei pazienti, con conseguenze anche molto gravi a carico dell’occhio, inclusa una riduzione permanente della vista e persino cecità».

«La principale esigenza dei pazienti affetti da Fuoco di Sant’Antonio e da Nevralgia Post Erpetica è senz’altro la riduzione del dolore, oltre alla necessità di tenere sotto controllo le infezioni cutanee per evitare il rischio di sovrainfezioni batteriche» ha aggiunto Tommasa Maio, responsabile del Progetto MMG e Vaccinazioni della FIMMG, la Federazione italiana medici di famiglia. «I farmaci utilizzati (antivirali, antinfiammatori e analgesici) sono parzialmente efficaci nell’eliminazione del dolore in tempi brevi e, soprattutto, possono essere gravati da pesanti effetti collaterali, particolarmente significativi per quei pazienti che utilizzano già altri farmaci per patologie croniche concomitanti».

«Vaccinare significa prevenire la presenza di condizioni croniche potenzialmente invalidanti e comunque ad alto impatto sulla qualità di vita dell’anziano» ha detto Roberto Bernabei, direttore del Dipartimento di Geriatria, Neuroscienze e Ortopedia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore Roma e Presidente di Italia Longeva. «Per dare un senso all’aumento dell’aspettativa di vita bisogna mettere i cittadini nelle condizioni di realizzare una vita in salute, attiva e indipendente mentre invecchiano. Non bisogna soltanto garantire un’assistenza alla popolazione over 65, ma soprattutto assicurare che le persone raggiungano in buona salute l’età anziana, cosa che oltretutto contribuisce a migliorare la sostenibilità e l’efficienza dei sistemi sanitari e sociali. La prevenzione vaccinale va assolutamente in questa direzione, contribuendo a realizzare il paradigma dell’Healthy&Active Ageing, identificato come una delle principali sfide per i Paesi europei. Per questo motivo, è importante richiamare l’attenzione sulla vaccinazione non solo in riferimento all’età pediatrica, ma anche all’età adulta-anziana, rispetto alla quale purtroppo la vaccinazione non è considerata un intervento sanitario di routine e risulta fortemente sottoutilizzata».