La depressione è la malattia a maggiore incidenza nel mondo, al primo posto nei paesi occidentali e nel 2020 sarà la più importante causa di disabilità dopo le malattie cardiovascolari.

Il costo sociale in Italia della depressione, inteso come ore lavorative perse, è pari a 4 miliardi di euro l’anno, mentre per l’intera economia europea è stato stimato un costo pari a 92 miliardi di euro, di cui 54 (pari al 59%), correlati a costi indiretti per assenza lavorativa.

Questo il quadro del nostro Paese dove, secondo il rapporto OsMed 2013 (Uso dei farmaci in Italia) presentato dall’Agenzia italiana del farmaco, la depressione interessa il 12,5% della popolazione assistibile, mentre soltanto il 34,3% dei pazienti assume farmaci antidepressivi.

Depressione: rischio suicidio

A tutt’oggi, un’elevata percentuale della popolazione adulta con sintomi depressivi non chiede aiuto a nessuno e soltanto un terzo riceve terapie antidepressive, mentre il rischio di suicidio è trenta volte superiore rispetto alla popolazione generale. Ma soprattutto, se non curata, la depressione tende alla cronicità e alla progressiva disabilità, come spiegato dagli esperti internazionali riuniti a Roma per il Forum delle Neuroscienze.

Inoltre, il 50% dei pazienti non ottiene risultati dal primo trattamento e abbandona la ricerca di una terapia efficace. La malattia si manifesta con profonda tristezza, dolore morale, senso d’inutilità, disperazione, perdita dello slancio vitale, incapacità di provare gioia e piacere, disinteresse per le normali attività, inadeguatezza nel lavoro abituale. Quello che per una persona prima era semplice diventa difficile, e il depresso non partecipa alla vita sociale, non ha alcun interesse né affetto per i propri cari e si sente distaccato da ogni situazione.

Depressione: i problemi sul lavoro

Secondo la ricerca Idea (Impact of depression in the workplace in Europe audit) che ha coinvolto in tutta Europa oltre 7mila adulti tra 16 e 64 anni, lavoratori e dirigenti oppure che lo fossero stati negli ultimi 12 mesi, ben il 20% degli intervistati aveva avuto una diagnosi di depressione e il numero medio di giornate di congedo dal lavoro durante l’ultimo episodio di depressione è stato di 36 giorni.

E i problemi sul lavoro si correlano al rischio doppio di disoccupazione, pensionamento anticipato, maggiore disabilità e alto rischio di vivere in condizioni di emarginazione e di povertà, come ha sottolineato l’Organisation for economic co-operation and development. A questo si aggiunge che, nonostante l’alta percentuale di assenteismo per depressione, il 25% ha dichiarato di non aver comunicato il problema al datore di lavoro.

Oltre che di salute pubblica, anche dal punto di vista economico è necessario fare attenzione a un fenomeno che ha assunto dimensioni rilevantissime. In tale contesto, è netta la posizione dell’Organizzazione mondiale della sanità, secondo cui l’effetto delle cure di tutte le forme di depressione sui costi legati alla produttività del lavoratore fa ritenere che il risparmio dovuto a un minor assenteismo e a un maggiore rendimento lavorativo possa compensare le spese sostenute per le cure stesse.

(Cesare Betti)