Le malattie infiammatorie croniche dell’intestino, MICI, che in Italia interessano circa 200mila persone, oggi fanno meno paura grazie a nuove cure. Un aiuto a vivere più serenamente viene offerto anche dal cortometraggio realizzate nell’ambito del progetto “Ora che mi ci fai pensare”, promosso dall’Associazione nazionale per le malattie infiammatorie croniche dell’intestino (Amici), in collaborazione con l’Italian group for the study of inflammatory bowel disease (Ig-Ibd), la Federazione europea delle associazioni nazionali dei pazienti (Efcca) e con il sostegno non condizionato di Msd Italia.
Il cortometraggio è una specie di libro bianco in versione video che raccoglie testimonianze di vita reale, tra le quali anche quella di Drake Diener, campione di pallacanestro, e fa emergere gli aspetti più importanti di queste patologie -colite ulcerosa e la malattia di Crohn-, ancora poco conosciute nonostante i numeri.
«Se diagnosticate tardi, le malattie infiammatorie croniche dell’intestino hanno un pesante impatto sulla qualità di vita e sulla spesa sanitaria: secondo recenti stime, queste patologie possono avere un costo di 10mila euro annui per paziente» avverte Ambrogio Orlando, dirigente medico della Divisione di medicina interna all’ospedale Cervello di Palermo. «La scarsa informazione è un ostacolo che può compromettere la tempestività della diagnosi e l’adozione di un adeguato piano terapeutico».
“Ora che mi ci fai pensare” ha reso i pazienti protagonisti, invitandoli a parlare della loro malattia e della realtà che devono affrontare ogni giorno, per promuovere l’informazione e ricordare i progressi fatti in questi anni, soprattutto con l’avvento dei nuovi farmaci, come golimumab, nuovo anticorpo monoclonale.
«Le terapie con questi farmaci hanno rivoluzionato l’approccio verso la cura della colite ulcerosa e della malattia di Crohn» afferma Alessandro Armuzzi, dell’Unità operativa di diagnosi e terapia delle malattie infiammatorie croniche intestinali all’università Cattolica di Roma.
«Grazie ai nuovi farmaci, i pazienti che non rispondevano alle cure tradizionali hanno potuto usufruire di trattamenti in grado di indurre non solo la remissione della malattia, ma anche di ottenere la guarigione dalle ulcere della mucosa intestinale nel 40% dei casi entro il primo anno di trattamento ha continuato Alessandro Armuzzi. «Inoltre, sempre nella malattia di Crohn, questi farmaci insieme alla chirurgia hanno permesso la guarigione delle fistole perianali e di ridurre l’uso del cortisone in chi doveva usarlo in modo continuativo».
(Cesare Betti)