Unità farmaci antiblastici (Ufa) nel rispetto degli standard, selezione e formazione del personale, informatizzazione dei processi. Sono le principali proposte emerse dai tavoli di lavoro organizzati a Milano e a Roma da Quintiles IMS.
Per la prima volta sono stati messi a confronto su questo tema direttori sanitari, farmacisti ospedalieri responsabili di Ufa e oncologi. Scopo dell’iniziativa è definire le criticità e i punti di miglioramento nella preparazione delle terapie antiblastiche in Italia.
Punto di partenza, i dati di un’ampia indagine nazionale che ha offerto una mappatura delle modalità di preparazione e manipolazione di queste terapie nei centri oncologici.
Si tratta di un tema molto attuale, che fa emergere il forte bisogno di dotarsi di strutture Ufa ad alti standard, data la grande accelerazione della ricerca che ha portato allo sviluppo di cure sempre più complesse, la cui gestione necessita di un elevato grado di specializzazione.
Un dato importante dell’indagine è che sui 385 centri ospedalieri che hanno collaborato, circa il 30% prepara farmaci chemioterapici antiblastici in modo non centralizzato, cioè gestisce e manipola le preparazioni in assenza di una struttura Ufa dedicata.
Una soluzione che potrebbe garantire una maggiore sicurezza e qualità è la creazione di reti in base ai volumi di somministrazione, affidando manipolazione e preparazione di chemioterapici antiblastici solo alle Ufa accreditate sul territorio che raggiungano un minimo di 50 preparazioni giornaliere.
Tale proposta apre un tema importante anche dal punto di vista economico, per la mancanza di un tariffario condiviso per la manipolazione dei chemioterapici antiblastici. Il centro che ha il compito di fornire tali prestazioni anche all’esterno potrebbe quindi esserne penalizzato.
Dall’indagine emerge anche un altro dato importante: il 45% dei centri che preparano questi farmaci in una struttura dedicata presenta alcune criticità. Uno dei problemi più diffusi è l’informatizzazione della gestione dei chemioterapici antiblastici, che risulta quasi sempre complessa e macchinosa, soprattutto per la mancanza di un sistema informatico integrato.
Raramente l’informatizzazione copre tutta la filiera del processo, evidenziando una disomogeneità dei software usati dalla struttura (prescrizione, cartella clinica, calcoli) e da centro a centro (troppi sistemi diversi poiché per le cure i pazienti si muovono anche sul territorio).
Sarebbe opportuno definire standard tecnici comuni da rispettare, così che i sistemi siano in grado di dialogare fra loro e anche con i registri Aifa, riducendo il rischio di errori e garantendo un risparmio di tempo da usare per migliorare l’assistenza ai malati.
(Cesare Betti)