Aumenta il numero di donne con tumore al seno in forma avanzata che riescono a convivere per molto tempo con la malattia. Obiettivo di “Tutta la vita che c’è”, campagna nazionale itinerante di sensibilizzazione, è accendere i riflettori sul tumore al seno avanzato e dare voce a loro.

Sono migliaia, infatti, le donne che oggi, grazie ai progressi delle cure, convivono sempre più a lungo con la malattia e con una migliore qualità di vita. Si tratta di un vero e proprio “esercito” di persone attive e senza voce: sui media e nell’opinione pubblica si parla poco di queste pazienti, che non trovano in misura adeguata le informazioni e il supporto di cui hanno bisogno.

Promossa da Salute Donna e dall’Associazione nazionale donne operate al seno (Andos), la campagna “Tutta la vita che c’è” si articola in un ciclo di incontri nei quali le pazienti potranno confrontarsi con specialisti su tutti gli aspetti della vita coinvolti dalla malattia, parlare della loro condizione e condividere le loro esperienze. Nell’ambito della campagna si potrà aggiungere una foglia all’Albero della vita, che correderà ogni incontro, scrivendo un pensiero per manifestare supporto alle donne che lottano.

Messaggi e obiettivi della campagna “Tutta la vita che c’è” si ricollegano al progetto Her(e) and Now, promosso da Novartis Oncology per mettere in evidenza l’impatto socio-economico di questa malattia e per migliorare i livelli di assistenza e di supporto per le pazienti.

«L’obiettivo prioritario di questi incontri è portare alla luce la problematica del carcinoma mammario avanzato e trasformare il vissuto in un’esperienza da condividere con gli altri rendendola “visibile”, in modo che tante persone se ne facciano carico» afferma Flori Degrassi, presidente Andos. «È importante parlare della malattia e delle sue recidive, diffondere le esperienze, poter arrivare a tutti i medici, non soltanto oncologi, alle istituzioni e alle associazioni dei pazienti attraverso un coinvolgimento attivo capace di modificare la percezione di disagio e di paura che l’opinione pubblica ha nei confronti della neoplasia avanzata».

(Cesare Betti)